Succedono cose normali, persone
che si sono amate e poi non si amano più, amici che decidono di prendere strade
dove tu non puoi seguirli, incontri brevissimi come un caffè poggiato per caso
sul tuo tavolo, mentre sei intenta a decidere se sia meglio un rosso scuro o un
blu corallo sulle tue unghie. Succedono- la normalità - Si esce poi dalla
normalità dell’accadere e si entra nella particolarità di ciò che siamo quando
ci mettiamo del nostro. E rispondiamo, agiamo, diciamo sì e no. A volte magari
(io sono molto magari al momento, tipo magari venisse e mi portasse via). Allora un
po’ per natura, un po’ per cocciuta e autoimposta limatura non dò mai la
risposta che, comunque la si voglia confezionare, si legge “mah ti dirò. Poco mi
frega di chi sei o sei stato” e poi pesco a caso dal cappello qualcosa che
faccia effetto in due minuti, ché al terzo sono al bar con le amiche. Se mi
tocchi e lo fai male – succede - la normalità – non mi parte più, come qualche
vita fa, la risposta appuntita, immediata a restituirti lo schiaffo e pure uno
spintone, così è sicuro che non resti in piedi. Penso e sto attenta. A dove
metto i piedi e la lingua. Perché nella vita della gente si dovrebbe entrare
con una certa circospezione. Di sicuro sentendosi, perché lo si è, ospiti. Graditi e amati. Ma ospiti. Capita invece che
questa che per te è attenzione, sia scambiata per una specie di debolezza, come
fosse in fin dei conti solo la prova che a te il polso lo si può torcere una e
due volte, tanto tiri via la mano solo proprio quando non ne puoi più. E quindi si faccia i duri, quelli che "ah che figo che sono", tanto tu vaffanculo lo scrivi
perridere, ma per dirlo ne - la normalità - , ti ci devono trascinare in ceppi. Solo che poi accade che
al terzo giro di polso tu dimentichi d’un botto di “come sarebbe meglio che” e
alzi la voce e diventi brutta perché insulti e miri dritto a fare male (ché a
fare male ci vuole un attimo – la normalità - ) e, come d’incanto, la ruota da
pavone diventa una crestina, in testa a chi adesso invece paga il conto – tutto suo
eh -, e lascia la mancia, sparecchia e lava per terra. E
la scontatezza è questa. Arriva squallida e pesante. A ricordarti che lì dove
una parola, che a te è costata sangue trovare, fa poco o niente, un vaffanculo
qualunque arriva in un attimo e, magia, risolve a meraviglia.
A margine – E la scontatezza,
passatemi la rima, mi mette tristezza. Di quella che neanche una doccia col tuo bagnoschiuma preferito.
La scontatezza è squallida ... e per le unghie direi un bel rosso scuro, ma non troppo ;)
RispondiEliminaAlly(cocco) macciao ! Te lo confesso subito. Sono impreparatissima sulla palude. Ma, tu lo sai, poi recupero alle due del mattino ;)
Eliminaper lo smalto leggi sotto ...
baci.
Io voto per il blu cobalto... sta arrivando la primavera :-)
RispondiEliminaMicol d'accordo con te. La scelta è blu. corallo. La primavera sta arrivando, anche se al momento fa un freddo becco, piove a secchi e la sera farei un falò dentro casa tanto mi viene freddo, ma secondo me arriva a sopresa. Quindi arriviamoci preparate. Con lo smalto giusto. In tutti i sensi :*
EliminaNiente colore sulle unghie....io preferisco lo smalto trasparente.... magari sembrerà triste, però a me piace. Però una bella borsa cobalto, ci starebbe una meraviglia.
RispondiEliminaLa scontatezza sarà triste e squallida, ma alle volte serve. Serve a tagliare quei rami secchi da cui speranzosamente aspettavamo foglie e forse fiori.
Serve per rinforzare la pianta. (o forse serve di più il vaffa...) bacio
Ess anche a me piace lo smalto trasparente. Sono ondivaga infatti. Un po' sì un po' no. Che poi la scontatezza serva per carità non lo nego. E sottolineo, neretto e corsivo, che io non son mica un poeta eh. Non mi piace, ma ci sono scivolata e tuttora e domani. Ché ognuno alla sua dose di misererie (io in testa). Solo che dopo, mi sento male, mi sento brutta dentro e quindi se posso la evito.
RispondiEliminaE d'accordo pure sui rami secchi :)
Ess mi accompagni tu a prendere la borsa blu cobalto ? :*